Il furto all’anestetico: dove e come è possibile

Quali le possibilità di difesa?

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Una approfondita descrizione dei metodi e delle sostanze usate dai ladri

per colpire, nottetempo, le proprie vittime dopo averle narcotizzate.

Cosa fare per difendersi?

 

 

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Sono le ore 23.05, l’avvocato Tal dei Tali si avvicina al binario dove l’attende il treno per Torino.

Domattina dovrà dibattere una importante causa per conto di un suo cliente e, per razionalizzare i suoi impegni professionali, ha pensato bene di viaggiare in treno prenotandosi una cuccetta.

In questo modo viaggerà di notte e alle prime luci dell'alba sarà a destinazione con tutta la mattinata disponibile.

Non è molto abituato a dormire in quelle condizioni; già sa che il rumore del treno ed il letto, diverso dal suo, gli consentiranno, al massimo, di appisolarsi in un sonno leggero, tuttavia non dimentica le regole fondamentali della prudenza: portafogli sotto il cuscino e serratura della porta ben chiusa.

La mattina successiva, ormai giunto in stazione, il personale del treno lo sveglia da un torpore profondo; forte mal di testa, portafogli scomparso insieme alle carte di credito e ai documenti personali e, quel che è peggio, alla borsa contenente gli incartamenti indispensabili al processo.

Questa non è una storiella fantastica, ma il resoconto di un fatto realmente accaduto ad un mio conoscente. Fatti analoghi, ogni tanto, ci deliziano dalle pagine di cronaca dei quotidiani.

È di tutta evidenza che questo tipo di rapine, quella sul treno è un classico ma accadono anche nelle abitazioni, vengono portate a termine con l’uso di gas narcotici.

Non è vero invece che i malviventi usino bombolette spray per i loro crimini: questa è una delle tante leggende metropolitane che circolano di bocca in bocca, non esiste infatti niente di simile in commercio.

Di tutt'altra specie, infatti, sono le piccole bombolette per difesa personale immesse anche sul mercato italiano e contenenti resine capsiche, ossia un estratto di peperoncino piccante che, spruzzato sul viso di un aggressore, lo acceca momentaneamente permettendo la fuga all’aggredito. Il Ministero dell'Interno, dipartimento di Pubblica Sicurezza, Commissione Consultiva sugli armamenti ed esplosivi, infatti lo ha catalogato fra gli strumenti di autosoccorso, non potendolo inserire tra le armi comuni in quanto non ha attitudine a recare offesa alla persona ai sensi del disposto di cui al 1° comma dell'art. 1 della legge n. 36 del 21/02/1990.

In un primo tempo, solo nel mercato statunitense, era stato caricato nelle bombolette per difesa antiaggressione un gas ad azione paralizzante, facente parte della grande famiglia dei nervini, ma le autorità americane ne avevano subito proibito la vendita e la fabbricazione, sia per i potenziali usi illeciti che ne sarebbero potuti derivare, sia per timore di una intrinseca pericolosità del nervino. Inoltre ritengo che una probabile riservatezza di natura militare non sia stata estranea alla decisione di bloccarne la produzione.

Alla luce di tutto questo, c’era una domanda alla quale non riuscivo a trovare risposta: dove mai i ladri si procureranno le bombole di gas narcotizzante, come faranno a trasportarle, specialmente a bordo di un treno, senza essere notati, come potranno regolare la quantità di gas necessaria senza conoscere, quantomeno, la cubatura dell’ambiente interessato.

Ancora una volta, dispiace ammetterlo, è la fervida inventiva dei malviventi ad aver trovato la soluzione semplice ed efficace e, come al solito, la conoscenza dei mezzi dell’attaccante può consentirci di predisporre le difese adeguate. Infatti un modo per evitare di esser narcotizzati da costoro esiste, oltre alle normali misure preventive di prudenza; seguitemi e vedrete come!

Cos'è l'anestesia

Innanzitutto, però, vediamo di fare un po' di chiarezza nel campo dell’anestesia, condizione questa indispensabile per capire tutto il resto. L’anestesia può essere locale, in questo caso il paziente conserva la coscienza, come per esempio quella che pratica il dentista prima di una estrazione o di una cura dentaria, o totale, con perdita della coscienza ed abolizione della sensibilità tattile, termica e dolorifica; in questo caso prende il nome di narcosi.

L’azione delle sostanze anestetiche si esplica interrompendo le vie nervose che conducono gli stimoli al cervello dove questi vengono riconosciuti ed inquadrati come stimoli dolorifici, tattili, termici, ecc. In estrema sintesi, possiamo dire che le sostanze che provocano la narcosi bloccano i meccanismi elettrochimici di scambio fra i neuroni, ossia le cellule cerebrali, impedendo che questi comunichino fra loro. Avviene insomma una vera e propria sconnessione del cervello da tutto il resto del corpo. Ovviamente nel somministrare queste sostanze esiste un certo margine di rischio per il paziente, i farmaci utilizzati, infatti, sono potenzialmente tossici sia in forma diretta che attraverso i metaboliti, ossia le sostanze di "rifiuto" che generano. Questi ultimi possono danneggiare il fegato ed i reni, specialmente se le sostanze anestetiche vengono somministrate in dosi inappropriate.

Torneremo su questo punto estremamente importante, poiché un malfattore impegnato a narcotizzare la propria vittima non ha certo lo scrupolo né le conoscenze mediche necessarie per dosare opportunamente il gas narcotico. Gli effetti tossici e le potenziali reazioni anomale del paziente, che possono arrivare sino allo choc anafilattico, sono così serie che in ogni moderna sala operatoria c’è un medico anestesista che controlla il dosaggio dei farmaci, monitorando ininterrottamente i parametri vitali del soggetto in stato di narcosi. È per queste ragioni che, prima di sottoporre un soggetto ad una operazione chirurgica si effettuano varie analisi, fra cui quella del sangue, alla ricerca della presenza e funzionalità di quegli enzimi naturali che poi avranno la funzione di "ripulire" il corpo dalle sostanze iniettate. Inoltre l’anestesia moderna non si ottiene grazie ad una sola sostanza ma, proprio per diminuire gli effetti collaterali di ognuna, si ricorre ad un "mix" di farmaci. Si inizia con l’iniezione per via venosa di un barbiturico come , ad esempio, il Pentotal, che ha azione fulminea ma limitata nel tempo. Perciò viene integrato da sostanze che rilassano la muscolatura, come il curaro e, soprattutto, da analgesici che, abbassando la soglia del dolore, rendono possibile l’uso di dosi minori dei farmaci che controllano le cellule cerebrali, ossia i narcotici. Insomma, ora che abbiamo accennato al fatto che provocare la narcosi in una persona è una cosa serissima e non scevra di pericoli per la vita stessa dell’ignara vittima, qualora venga effettuata da persone non competenti, vediamo in sintesi quali sono i principali farmaci anestetici, limitandoci a quelli che possono essere somministrati per via inalatoria.

L’uso sull’uomo dei più classici fra questi, etere solforico e cloroformio, risale addirittura al 1847, ma attualmente quest’ultimo è caduto in disuso a causa della sua tossicità. Questi due anestetici, che si presentano sotto forma di liquidi molto volatili, sono comunque, in genere, usati dai malviventi dediti al sequestro di persona per vincere la reazione delle loro vittime nel momento dell’attacco, premendo sul viso un tampone di garza imbevuto di tali sostanze sino a far perdere coscienza.

Un altro anestetico, questa volta sotto forma gassosa, è il protossido di azoto. La sua formula chimica è N2O. È un gas incolore, inodore, dolciastro, non infiammabile, chimicamente stabile e non tossico. Detto anche gas esilarante per la sua sorprendente caratteristica di provocare, quando inalato, irrefrenabili accessi di risa, è generalmente usato in miscela con l’etilene e l’ossigeno. La concentrazione rispetto all’aria, necessaria per provocare la narcosi, è molto elevata, dell’ordine del 60/70 per cento rispetto all’ossigeno, e ciò costituisce, fortunatamente, un limite all’uso che possono farne i malviventi.

I narcotici attualmente usati dai rapinatori sono il cloruro di etile, il ciclopropano, l’alotano, l’enflurano, l’isoflurano. Questi ultimi si presentano sotto forma di liquidi estremamente volatili ed hanno una azione abbastanza rapida anche a concentrazioni modeste. Normalmente fanno parte della dotazione dei pronto soccorso, nonché di alcuni ambulatori chirurgici privati. Non immaginateli, però, contenuti nelle classiche bombolette spray per uso domestico, dotate di un ugello da premere con il dito per ottenere la vaporizzazione del prodotto. Sono invece contenuti, semplicemente, in bottiglie di vetro. Purtroppo ciò non li rende inadatti all’uso che ne possono fare eventuali malintenzionati.

Infatti questi ultimi usano dei vaporizzatori elettrici a batteria, modificati artigianalmente, il cui funzionamento è simile a quelli comunemente usati per inalare farmaci decongestionanti o antibiotici in caso di affezioni respiratorie. Basta versare una modesta quantità del liquido anestetico in un apposito flaconcino perché il vaporizzatore lo diffonda rapidamente e silenziosamente all’interno della stanza. Certamente le concentrazioni ottenibili in tal modo possono non essere sufficienti a provocare una narcosi profonda, ma, per i fini del rapinatore, basta che provochino un momentaneo obnubilamento della vittima. Successivamente, una volta all’interno dell’appartamento, il malvivente applicherà un tampone di garza od una mascherina al viso della vittima, facendogli inalare direttamente i vapori e non trascurando di ventilare l’ambiente per non rimanere egli stesso vittima della sua azione criminale. Alcune volte viene usata una bombola miniaturizzata per uso subacqueo, come quella visibile nella foto.

L’oggetto misterioso visibile nella foto è semplicemente una bombolina contenente aria compressa per uso subacqueo, con incorporato un erogatore/riduttore di pressione. Alta una ventina di centimetri e pesante pochi etti, trova uso a bordo di piccole imbarcazioni da diporto per effettuare brevissime immersioni di emergenza motivate dalla necessità, per esempio, di liberare l’ancora incagliata sul fondo.

Purtroppo, come potete leggere nel presente articolo, viene impiegata anche dai malviventi, dopo averla caricata con protossido d'azoto, per narcotizzare profondamente gli incauti che, vinti dalla calura estiva, dormono con le finestre aperte.

Dopo aver introdotto attraverso la finestra una piccola quantità di anestetico liquido tramite un vaporizzatore che lo diffonde nell’aria sotto forma di una impalpabile nebbiolina e, in virtù dell’estrema volatilità che questi farmaci hanno, aver così provocato una prima leggera anestesia nella vittima, il malvivente si introduce nell’appartamento forzando, se necessario, eventuali grate alla finestra.

Una volta all’interno, completerà l’opera di narcotizzazione facendo inalare il contenuto della bombolina all’ignara vittima.

È pur vero che questo attrezzo per l’immersione sportiva non eroga l’aria compressa al suo interno finché il subacqueo non aspira dal boccaglio ma, come ogni sommozzatore ben sa, al centro del riduttore di pressione vi è un pulsante premendo il quale il gas fluisce spontaneamente.

La funzione di questo dispositivo è quella di facilitare la respirazione qualora uno sforzo prolungato provochi uno stato di affanno. È proprio in questo modo che i malviventi fanno inalare alla loro vittima il narcotico, senza che questa debba aspirarlo volontariamente.

Il resto della storia si potrà leggere, in cronaca, nel quotidiano locale il giorno successivo.

Alta non più di venti centimetri, e quindi facilmente occultabile all’interno di una borsa o nella tasca di un grosso giaccone, viene caricata da una bombola contenente protossido d'azoto, per travaso diretto a mezzo di un semplice raccordo costruito artigianalmente. L'apposito pulsante, visibile sopra al riduttore di pressione, consente di erogare il gas al momento voluto. È pur vero che questo gas e, più in generale i farmaci anestetici, sono posti in vendita solo dietro presentazione di speciali certificazioni o autorizzazioni che ne giustifichino l’acquisto, quali ad esempio la richiesta da parte di un centro ospedaliero, ma sappiamo anche che tali restrizioni rappresentano un ostacolo, o meglio, una complicazione burocratica, solo per chi ne deve fare un acquisto autorizzato, mentre coloro che volessero procurarseli per fini illegali, troverebbero certamente le strade per raggiungere il loro scopo, inclusa la falsificazione delle certificazioni necessarie.

Come si procurano il protossido di azoto?

Nonostante il protossido di azoto sia sottoposto, generalmente, alle restrizioni di vendita appena dette, facendo ricerche sull'argomento ho scoperto che le fabbriche di gelati industriali, per confezionare la panna e altri derivati del latte in atmosfera controllata, fanno uso di questo gas. Lo stesso avviene per il confezionamento di alcuni generi alimentari dove non è opportuno il "sotto vuoto".

Un apposito Decreto Ministeriale, legifera sull'uso di questi gas "additivi". Si tratta del D.M. 27 febbraio 1996, concernente la disciplina per la conservazione delle sostanze alimentari, in attuazione delle direttive n° 94/34/CE, 94/35/CE e 95/31/CE e successivi aggiornamenti.

L'uso dell' N2O, classificato con la sigla E-942, e di altri gas, risponde alla necessità della soppressione della proliferazione dei microrganismi aerobi, in particolare dei lactobacilli, dello pseudomonas e della salmonella. Anche il temibile clostridium botulinum, anaerobio, viene inibito da questo gas che permette di evitare l'aggiunta di batteriostatici o antibiotici.

Quindi, per tale uso, il protossido d'azoto, che non ha le caratteristiche di purezza di quello per uso medico, non è soggetto a particolari restrizioni di vendita.

Ma c'è dell'altro: il protossido di azoto viene usato anche nelle elaborazioni estreme di automobili per aumentarne la potenza. Per bruciare più combustibile, e quindi incrementare il rendimento del motore è infatti necessario avere a disposizione una quantità maggiore di ossigeno. La molecola dell' N2O è composta da due parti di azoto e una parte di ossigeno ( 36,3% in peso). Se consideriamo che nell’aria l'ossigeno è presente solo al 23.6%, in peso, si capiscono immediatamente i vantaggi, in termini di potenza, che l'uso del protossido d'azoto comporta. Infatti, nel momento in cui questo gas viene scaldato a 300°, la sua molecola si scinde rilasciando l’ossigeno. Pertanto, non è il gas che permette di incrementare la potenza, bensì la possibilità di bruciare carburante extra nel momento in cui l' N2O diviene un ottimo comburente.

Inoltre, nel momento in cui il protossido vaporizza, riduce la temperatura della miscela aria/benzina di oltre 20°C. Questo genera di per sé un ulteriore incremento di potenza dell’1% per ogni 3,5°C di abbassamento termico.

Ecco trovata un'altra fonte dove procurarsi facilmente il protossido di azoto.

L’altra domanda che mi ponevo all’inizio, si riferiva alla impossibilità da parte del rapinatore di dosare opportunamente il gas immesso nella stanza delle potenziali vittime, poiché l’attaccante non è certo un medico anestesista ed inoltre non ha elementi per valutare la quantità di aria contenuta nell’ambiente. Diversamente dal protossido di azoto, usando gli anestetici liquidi di cui ho parlato prima, una concentrazione fra lo 0.5 e l’1,5 per cento è sufficiente per ottenere un sicuro effetto narcotico. Fra l’altro questi gas sono molto ben veicolati dall’ossigeno dell’aria e la vittima non proverà sensazioni di fastidio o di irritazione, inalandoli. In pratica passerà dal sonno fisiologico alla narcosi senza rendersene minimamente conto.

I margini di sicurezza, in caso di sovradosaggio, sono discretamente ampi, il che torna a favore del rapinatore, ma non dimentichiamo che questi ignora se la sua vittima soffra di allergie specifiche ai gas che sta inalando, o se abbia patologie respiratorie o cardiache tali da rendere rischiosa la narcosi. Voglio ricordare che le reazioni negative all’anestesia, soprattutto in caso di sovradosaggi, peggio ancora se prolungati nel tempo, vanno dall’ipotensione, ossia da un grave calo della pressione arteriosa, all’arresto cardiaco, fino allo choc anafilattico, vale a dire allo scatenarsi di una incontrollabile allergia con disturbi alla laringe che può portare alla morte per soffocamento. Un’altra eventuale complicazione provocata dall’intolleranza a certi anestetici è rappresentata dall’ipertermia maligna: un rialzo patologico della temperatura corporea che può arrivare anche a 42°, con gravissime conseguenze.

L’effetto dell’anestesia, giova ripeterlo, sopprime il contatto con l’ambiente, abolendo la coscienza e le sensibilità uditiva, visiva e tattile, nonché il movimento muscolare, ma non intacca le funzioni vitali cardiache, circolatorie e respiratorie. Tutto ciò, beninteso, finché si resta nei margini di sicurezza, discretamente ampi, superati i quali anche le funzioni vitali vengono intaccate dal narcotico, portando il soggetto al coma e poi alla morte.

Il rischio quindi di trasformare una "semplice" rapina in un ben più grave omicidio esiste e soltanto l’incompetenza e la mancanza di scrupoli da parte del rapinatore, consente a questi di agire con assoluta incoscienza.

A questo punto resta da vedere se e come sia possibile difendersi dalla rapina "all’anestetico".

L’allarme contro le fughe di gas, usato per difendersi dal furto con l’anestetico

Attacchi di questo genere vengono portati quasi esclusivamente nei mesi estivi, quando la canicola spinge le persone, nottetempo, a dormire con le finestre spalancate nella speranza di un po' di refrigerio portato dall’aria notturna. Per chi poi, come me, abita a Roma, il dolce ponentino che, dopo il tramonto, accarezza i sette colli donando un po' di frescura, costituisce una irresistibile tentazione a lasciare le finestre aperte. Non si senta al sicuro chi, munito di condizionatore d’aria, dorme con le finestre chiuse: non è per niente difficile per un rapinatore forzare la finestra quel tanto che serve per introdurre la cannula del micidiale vaporizzatore. Il moto convettivo dell’aria, mossa dal condizionatore, accelererà la diffusione del gas narcotico nell’ambiente, favorendo così, indirettamente, l’azione del malvivente. È utile rammentare che delle robuste grate poste alle finestre, vanificando le possibilità di entrare al potenziale rapinatore, anche dopo aver narcotizzato coloro che sono all’interno, lo spingeranno a tentare altrove. Sto parlando, sia chiaro, di grate robuste, ossia costruite e messe in opera in modo tale che la loro rimozione tramite piede di porco o cric d’automobile, sia pressoché impossibile o comunque estremamente laboriosa.

Un eventuale sistema di allarme antifurto, del tipo che è possibile inserire anche stando in casa, costituisce, quantomeno, una difesa estrema, poiché entrerà in funzione dopo che il gas narcotizzante ha fatto effetto, quando il rapinatore accederà all’interno, a meno che non siano stati installati degli appositi sensori di presenza all’esterno della finestra o del balcone. Questi sensori sono comunque piuttosto costosi e non del tutto immuni da falsi allarmi. Al limite, una soluzione assai economica potrebbe essere quella di installare sul balcone un sensore ad infrarossi passivi del tipo che, alla presenza di una persona, attiva l’accensione di un faretto.

Questo sensore, del costo di una cinquantina di euro e di semplicissima installazione, essendo dotato di una cellula sensibile alla luce, rimane inattivo durante il giorno e, qualora dovesse accendere la lampada, la spegne dopo un certo lasso di tempo regolabile. Nell’eventualità che un estraneo dovesse salire nel vostro balcone, verrà accolto dall’accensione del faretto, e ciò non potrà che fargli nascere il sospetto di essere stato visto da qualcuno all’interno, inducendolo a fuggire. Attenzione! non sto certo consigliandovi di affidare la vostra sicurezza a questo semplice dispositivo, però, in considerazione della sua praticità ed economicità, può costituire una prima difesa da non sottovalutare.

Ma insomma, vi starete chiedendo, non esiste niente di davvero valido e sicuro in grado di difenderci dal rischio di essere prima narcotizzati e poi rapinati?

Tempo addietro, rimuginando su questo problema, ho avuto un’idea che ritengo una novità assoluta: si tratta dell’uso non convenzionale di un sensore impiegato in campo ospedaliero. Facciamo una breve premessa: i gas usati in anestesia, anche quelli diffusi con il vaporizzatore di cui abbiamo parlato prima, sono altamente volatili, infiammabili ed esplosivi, tanto è vero che, quando nelle operazioni chirurgiche si deve usare il bisturi elettrico, si induce la narcosi nel paziente iniettando in vena dei barbiturici, come ad esempio Il Pentotal sodico, nonostante le complicazioni cliniche che tali farmaci comportano, in sostituzione dei già citati gas.

Ebbene; da prove personalmente eseguite, avevo notato che i comuni rivelatori di fughe di gas per uso domestico sono in grado di entrare in allarme anche in presenza dei gas anestetici. Purtroppo però, bisogna ammettere che la sensibilità di questi dispositivi non è abbastanza elevata, quindi ho pensato di progettarne uno dedicato specificamente allo scopo.

Sono partito da un sensore prodotto da un'azienda statunitense, usato nelle strumentazioni di camera operatoria per misurare le percentuali degli anestetici fatti inalare al paziente. A questo dispositivo ho fatto seguire un microprocessore programmato opportunamente in modo da ottenere una sensibilità elevatissima pur con una immunità totale ai falsi allarmi. Ad ogni accensione del dispositivo, infatti, una apposita routine del processore adatta i parametri del circuito alle condizioni ambientali di temperatura e di qualità dell'aria ottenendo così una eccellente stabilità.

Ho previsto anche una alimentazione a batteria, oltre che con la rete luce, in modo da renderlo portatile ed usabile anche a bordo di barche, camper o roulottes.

La sensibilità che ho potuto ottenere è tale che, bagnando la punta di un dito con due gocce di anestetico e soffiando sul sensore da un metro di distanza, l'allarme scatta dopo meno di due secondi, in pratica quando la concentrazione dell’anestetico è ben lontana dal produrre il minimo effetto narcotico.

Le dimensioni del dispositivo, non più grande di due pacchetti di sigarette, lo rendono facilmente trasportabile, per cui è possibile portarselo dietro durante le ferie estive, nella casa al mare o in montagna, in modo tale da poter dormire sonni tranquilli non guastati da amari risvegli. Le dimensioni ed il peso del marchingegno, infatti, sono tali da trovare posto anche nel bagaglio più spartano.

Non è difficile immaginare la reazione del malintenzionato quando, mentre sta rilasciando il gas verso l’interno della stanza, viene sorpreso dal suono della microsirena incorporata.

 

Claudio Ballicu

 

Bibliografia:

Ezio Vincenti, Vademecum di anestesia e analgesia epidurale, San Marco Editrice, Padova, 1991

Carmine Lauriello, Anestesia, Accademia europea degli studi a distanza, 1991.

Gunter Grass, Anestesia locale, traduz. di Bruna Bianchi, Einaudi, Torino1971..

 

 

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